ALLA SCOPERTA DEL MUSEO DEL PROFUMO DI MILANO
2022 . 04 . 21 |
Dopo averne sentito parlare per anni, ho finalmente deciso di visitare il Museo del Profumo di Milano e intervistarne i fondatori. Sono stato accolto con estrema gentilezza da Daniela Candio, curatrice del Museo, e dal direttore, Giorgio Dalla Villa, che per le due ore successive mi hanno travolto con storie e aneddoti e ammaliato con la loro grande passione che è mio piacere e dovere di condividere con i nostri lettori. Iniziamo allora il nostro viaggio alla scoperta di questo luogo magico, custode di storie dimenticate piene di creatività.
Quando e perché ti è venuta l'idea di creare questo museo?
Considerando la nostra formazione accademica e il nostro interesse per la Storia Moderna e Contemporanea, incentrata soprattutto sulla società italiana del 20° secolo, siamo stati entusiasti di scoprire la Profumeria Artistica e di apprendere che la storia di questo settore, che tanto ha avuto un peso nell'evoluzione sociale, non era stata ancora raccontata o analizzata da nessuno.
Daniela è la nipote dell'ex titolare della Profumeria Vecchia Milano, una delle più antiche botteghe milanesi del settore. Sua zia, scomparsa circa vent'anni fa a quasi novant'anni, è stata la nostra fonte di storie fantastiche.
Da allora abbiamo iniziato a intraprendere studi più accurati, a viaggiare all'estero, soprattutto in Francia e Germania perché in Italia nessuno si era davvero interessato del nostro passato.
In seguito ai nostri studi, e spinti dalla passione e dall'interesse personale, è nata l'esigenza di raccogliere reperti fisici come le bottiglie che acquistavamo nei mercatini o alle aste in Francia e in America, spesso a costi piuttosto elevati.
Dopo anni di studio di profumeria vintage, più di vent'anni fa abbiamo iniziato a pubblicare la rivista "Profumeria da Collezione" e dall'anno scorso abbiamo realizzato anche la versione inglese distribuita negli Stati Uniti d'America da Perfume Passage.
Il Museo è stato inaugurato una quindicina di anni fa con visite riservate agli abbonati alla rivista, ma è aperto al pubblico solo da una decina di anni.
Giorgio Dalla Villa, chi fa parte della tua squadra?
Insieme a me abbiamo Fulvio Ronchi, grafico e docente universitario di Comunicazione Visiva, Daniela Candio, che ha lavorato nell'editoria con Garzanti e Bompiani, e che, oltre ad essere la curatrice del Museo, si occupa della rivista "Profumeria da Collezione", ed Ermanno Dalla Villa, profondo conoscitore della Storia Italiana Moderna e Contemporanea, e consulente di elementi storici.
Come ti sei avvicinato all'analisi del settore della profumeria italiana?
Poiché molte informazioni sulla profumeria italiana erano incomplete, abbiamo iniziato facendo ricerche sulla profumeria europea e americana, per avere una visione internazionale sull'argomento. In seguito siamo stati in grado di colmare le lacune della Profumeria Italiana, proprio come un puzzle, confrontandolo con l'evoluzione della società del nostro Paese nel corso del XX secolo perché siamo convinti che la Profumeria abbia influenzato l'evoluzione sociale. Faccio un esempio per mostrare come il profumo abbia partecipato e assistito all'evoluzione dei tempi: durante il periodo della seconda guerra mondiale, la Casa di Profumo Rudy aveva inserito in particolari composizioni d'arredo, in legno o ceramica, una 'bottiglia' di profumo. Questi oggetti, che oggi si possono definire kitsch, ricevettero in quei momenti un notevole riscontro da parte del pubblico e divennero quasi status symbol. Grazie al Piano Marshall, un grande prestito concesso all'Italia dagli Stati Uniti, l'Italia visse quello che è stato poi definito 'il miracolo economico'. Le industrie del nord, bisognose di manodopera, reclutavano un gran numero di operai del Mezzogiorno, che vivevano quasi sempre in grande povertà, lavorando saltuariamente come braccianti. Per la prima volta questi lavoratori trovarono 'prosperità' nelle industrie del Nord e, per dimostrare il loro benessere e le loro realizzazioni a parenti e amici del Sud, si circondarono di oggetti contenenti profumo, il magico elisir che nelle loro città natale era indossato solo dalle mogli di proprietari terrieri e aristocratici. Attraverso questi oggetti, queste ambite fragranze, potevano finalmente mostrare un legame tra le loro umili origini e le classi abbienti. Naturalmente, il profumo non veniva indossato ma veniva lasciato in bella mostra per dare un'aria di classe alla propria casa.
Visto il successo di questi oggetti, quasi tutte le case italiane iniziarono a produrre contenitori di questo tipo, dal 'Campanile di San Marco' di Vidal, alla bottiglia 'Insidia' di Giviemme disegnata da Dino Villani, e prodotta dalle Vetrerie Venini di Murano, Venezia . È arrivata sul mercato una serie di bottiglie inaspettate che riproducono gondole, pugnali moreschi, transatlantici, bambole e altro ancora. Oggi sono molto apprezzati dai collezionisti europei e americani.
Questi oggetti che esibivano il Profumo non avevano un uso pratico se non quello di "vaso", di contenitore, ma dimostravano il raggiungimento dello status sociale diventando simboli di un aspetto particolare della società italiana del secondo dopoguerra.
Puoi parlarci degli artisti che erano attivi in quel momento?
Molti sono stati gli artisti che hanno lavorato in profumeria, da René Lalique a Julien Viard, da Salvador Dali a Léonor Fini a Louis Sue. Per quanto riguarda gli artisti italiani, mi piace citare Fulvio Bianconi e Carlo Scarpa. Fulvio Bianconi (1915-1996) è diventato per caso un grande maestro vetraio. Nel 1947 Giviemme (GVM), Casa di Profumo fondata da Giuseppe Visconti di Modrone, chiede a Bianconi di disegnare quattro flaconi per la linea di profumi "Le quattro stagioni" pensata per la donna del dopoguerra. Le quattro fragranze avevano nomi che non erano molto allettanti, come "Ricordo d'Estate", "Ricordo di Primavera" e così via. Bianconi si recò alla Vetreria Venini, la fonderia più famosa di Murano, dove realizzò quattro bottiglie con evidenti influenze dell'avanguardia cubista, ma con qualcosa che ricordava la 'dea dei serpenti' della civiltà minoica. Questa era una miscela di antica arte mediterranea e avanguardia europea. Questi quattro capolavori portarono Paolo Venini ad assumere Fulvio Bianconi come direttore artistico della Vetreria.
Carlo Scarpa (1906-1978), altro artista che lavorò alla Venini, fece del vetro il protagonista a differenza di altri artisti per i quali il vetro era un supporto da modellare o per rappresentare immagini e figure sulle sue superfici. Scarpa ha utilizzato la forma più semplice, la goccia, per dare vita alla materia inserendo al suo interno bolle d'aria, attorcigliandola o circondandola di filamenti colorati, creando così capolavori unici perché, essendo soffiati singolarmente, sono tutti diversi tra loro.
I flaconi sono stati realizzati per anticipare in qualche modo l'ispirazione della fragranza?
I vetri, sia quelli soffiati a mano che quelli industriali prodotti in tiratura limitata, erano realizzati principalmente come vasi per contenere la fragranza e spesso non c'era relazione tra composizione olfattiva e bottiglia. Alcune fragranze presero addirittura il nome che l'artista aveva assegnato alla bottiglia prima che fosse venduta a una casa di profumi, come "Scarabée" la bottiglia disegnata da René Lalique intorno al 1909. Lalique, designer di gioielli, entrò anche nel mondo della profumeria per caso. Diede alla sua opera il nome di "Scarabée", seguendo la tendenza verso l'antico Egitto in voga in quegli anni (lo scarabeo era una divinità tra gli egizi). Successivamente l'esemplare è stato acquistato dalla Maison Piver, che ha creato un profumo a cui è stato dato lo stesso nome che Lalique voleva per questa bottiglia.
Quand'è che lo spray entra nel mondo della Profumeria?
Il vaporizzatore a pompa esisteva già nel 19° secolo ed era utilizzato principalmente nei negozi di barbiere e dai parrucchieri femminili. Fu verso la fine di quel secolo, con la commercializzazione della gomma, che vennero introdotte le pompe in gomma, spesso rivestite con tessuti pregiati. I flaconi spray sono apparsi in modo significativo nel mondo della profumeria negli anni '60 e '70.
I primi test furono disastrosi: i prototipi si intasavano facilmente e non erano molto funzionali.
Una delle case pioniere in questo campo è stata l'azienda italiana Arys. Nel tempo i meccanismi si sono perfezionati fino a diventare gli spray che conosciamo oggi e che sono presenti nella maggior parte dei flaconi di profumo
Cosa hanno rappresentato le sostanze sintetiche nella storia della Profumeria?
Nel 1884 Paul Parquet creò per Houbigant Fougère Royale (Royal Fern) in cui venivano utilizzate sostanze sintetiche o purificate come la cumarina. La felce, che in natura non ha odore, suscita nell'immaginazione una sensazione di sottobosco, umidità e freschezza. Creare un'identità olfattiva che non esiste in natura con sostanze sintetiche e poi creare la correlazione con un elemento vegetale è stata una vera provocazione. Si dice che Parquet disse: "Se Dio avesse dato un odore alla felce, le avrebbe dato l'odore di Fougère Royale". Sebbene non sia stato il primo profumo creato con ingredienti sintetici, da allora i profumieri utilizzano elementi olfattivi che non esistono in natura per suscitare emozioni e sensazioni.
Quali sono dal tuo punto di vista le principali differenze stilistiche della Profumeria nelle diverse nazioni?
Consideriamo Francia e Italia. Alla fine del XIX secolo i francesi vivevano in un paese libero e laico. Dopo la scoperta dei 'profumi sintetici' si sono resi conto che potevano 'adattare' le fragranze a qualsiasi situazione: per la ragazza che andava al suo primo ballo, o per la signora di una certa età che accoglieva in casa le sue amiche, o ancora per la donna che voleva conquistare il suo amato. Si sono dedicati, in particolare, alla creazione di profumi per la donna che voleva esaltare il proprio fascino. Per gli italiani, che fino agli anni Sessanta vivevano sotto un mantello di conservatorismo religioso, la donna era una madre, un'atleta, non certo un'amante. I profumieri hanno quindi creato fragranze per donne che avevano un buon profumo, ma che non tenevano conto della sua femminilità e sensualità.
In Germania c'era poco oltre l'Eau de Cologne, a parte forse la produzione di Dralle.
Gli inglesi si dedicarono ai profumi per la buona borghesia.
In Spagna, soprattutto prima della seconda guerra mondiale, con marchi come Myrurgia, fondata nel 1918, e Dana, fondata nel 1932, i profumi creati si sono diffusi in tutta Europa e negli Stati Uniti. I Profumieri spagnoli hanno coinvolto grandi artisti per la realizzazione delle loro bottiglie, come lo scultore Julien Viard che ha creato diversi disegni per Myrurgia.
Puoi dirci qualcosa sulla leggenda dell'Eau de Cologne?
È un bellissimo caso di omonimi che ruotano attorno a una leggenda della fragranza, una storia complicata e confusa che vede diversi protagonisti con lo stesso nome: Giovanni Maria Farina. Tutto ebbe inizio alla fine del 1600 quando un giovane, Gian Paolo Feminis, si trasferì dalla sua città natale, Santa Maria Maggiore in Val Vigezzo, una valle tra le montagne alpine, alla città di Colonia, in Germania. Qui iniziò a commerciare e importare prodotti dall'Italia. Come tutti i farmacisti dell'epoca, creò anche lui una propria medicina particolare, che disse, una volta bevuta, guariva ogni male. Chiamò questo medicinale "Aqua Mirabilis", che divenne rapidamente famoso in tutta Colonia. Alla sua morte non lasciò eredi e la formula del medicinale cadde nelle mani di un lontano cugino, un certo Giovanni Maria Farina, che creò un laboratorio per la lavorazione e vendita del prodotto certificandolo con il proprio nome. Verso la fine del 18° secolo la Renania, la regione di cui Colonia è la capitale, fu occupata da Napoleone che, scoperto il meraviglioso elisir, se ne innamorò e ne consumò enormi quantità, facendolo conoscere in tutta Europa. Il nome del prodotto cambiò rapidamente in Acqua di Colonia o Eau de Cologne.
Ma la storia continua. A seguito delle nuove leggi stabilite da Napoleone in Renania, un frate di nome Giovanni Maria Farina, si trovò privato del suo ordine religioso. Dichiarava di essere il proprietario della formula della vera Aqua Mirabilis, lasciatagli da un lontano parente che aveva lavorato nella bottega di Gian Paolo Feminis. Insieme ad un mercante di nome Muelhens, iniziò a produrre un'Eau de Cologne di cui garantiva la qualità apponendovi il proprio nome: Giovanni Maria Farina.
E non è finita. A Parigi un profumiere di Santa Maria Maggiore di nome Giovanni Maria Farina, sostenendo di essere parente di Gian Paolo Feminis, aprì una profumeria vendendo una propria produzione di un'Eau de Cologne alla quale naturalmente diede il suo nome: Giovanni Maria Farina.
Come possiamo vedere, è una storia molto complicata che merita di essere trattata in modo più completo in un secondo momento.
Quali sono i pezzi più storici del Museo?
Senza dubbio quelli di Angelo Migone & Co., di cui si hanno importanti reperti. Casa di Profumo nasce nel 1778 in via Torino a Milano e non esiste più dal 1955. Per quasi 200 anni Migone distribuisce i suoi prodotti in tutto il mondo, ma la Casa, rimasta troppo legata alla Profumeria dell'800, non riesce a stare al passo con i tempi, soprattutto dopo la seconda guerra mondiale.
Poi, oltre alle rarissime opere di Fulvio Bianconi e Carlo Scarpa citate prima, abbiamo le bottiglie francesi di Elsa Schiaparelli, Le Roy Soleil, o anche Normandie, e un flacone in vetro e metallo realizzato da Louis Sue nel 1935 per Jean Patou, e le Anfore di Christian Dior. Insomma, non è facile elencare i pezzi preziosi e rari del Museo del Profumo.
Perché la profumeria italiana non si è sviluppata come la profumeria francese?
In Italia abbiamo avuto diverse aziende con grandi potenzialità che non hanno mai raggiunto i livelli a cui avrebbero potuto aspirare a causa della società ecclesiastica. La chiesa, che esercitava un'enorme influenza sulle giovani donne, era fermamente contraria all'uso di profumi e cosmetici, generalmente considerati 'opera del diavolo'. Di conseguenza, le grandi aziende di profumeria, adattandosi al mercato, si sono limitate alla produzione di fragranze con violetta, rosa o lavanda che non turbassero i sogni degli adolescenti. Inoltre, le classi più abbienti, meno condizionate da anatemi religiosi, si rivolgevano alla profumeria francese quando volevano un profumo 'di carattere', non trovandolo nel proprio paese.
Giuseppe Visconti di Modrone, artista e industriale tessile, sposò la nipote del fondatore dell'azienda farmaceutica Carlo Erba e aveva a sua disposizione tutte le fabbriche e le farmacie dell'azienda. Avrebbe avuto tutte le potenzialità per fare della sua Casa di Profumo Giviemme (GVM) un punto di riferimento, ma dopo la sua morte nel 1942 la Casa ha avuto difficoltà a modernizzarsi e a resistere alla concorrenza francese.
Anche l'Azienda Pietro Bortolotti, azienda di profumeria bolognese fondata a metà dell'800, che ha esportato Acqua di Felsina in tutto il mondo non ha potuto svilupparsi oltre la produzione di colonie ed elisir per uso igienico e medicinale.
E così è stato per numerose case di profumeria italiane.
Come dicevo, la Chiesa per tutta la prima parte dell'Ottocento aveva imposto dei limiti allo sviluppo del mercato della bellezza. Il fascismo, che incoraggiava le donne a sposarsi e ad avere figli per la campagna, favorì la cura dell'aspetto estetico, quasi scontrandosi con il perbenismo bigotto imposto dal clero, ma ciò non bastò a dare spunti alla profumeria creativa italiana.
Che ruolo ha avuto Gabriele d'Annuzio, il poeta profetico, nella Profumeria Italiana?
Gabriele d'Annunzio, probabilmente il poeta-scrittore più interessante della prima parte del '900, assegnava spesso nomi ai prodotti delle aziende più disparate. Infatti d'Annuzio, amico del conte Giuseppe Visconti di Modrone (che fondò Giviemme nel 1921) diede il nome alle prime fragranze dell'azienda quando il conte lavorava ancora per l'azienda Carlo Erba.
Contessa Azzurra è stato uno dei primi successi per Visconti; è stato il cavallo di battaglia di Giviemme fino alla chiusura della Casa negli anni '70. Autentico italiano sofferente di 'italianità', d'Annunzio ha voluto richiamare la natura 'italiana' del profumo aggiungendo l'aggettivo Azzurra all'idea originaria di nominare la fragranza Contessa, poiché il blu è ancora il colore simbolo dell'Italia oggi.
Nel 1913 D'Annunzio si dedicò alla creazione di un profumo ricreato sulla base di un'essenza indossata da Isabella d'Este, la cui ricetta aveva ritrovato, secondo lui, in fondo a un vecchio baule.
L'opera nasce per essere venduta ad una profumeria, ma la richiesta di D'Annunzio è talmente onerosa che non trova acquirenti.
A D'Annunzio si devono anche i nomi Subdola, Dimmi di sì, Nina... Sorridi, Acqua di Fiume (che celebrò la sua impresa bellica), tutti titoli fatti quando Visconti lavorava ancora per Carlo Erba che poi entrò a far parte dei Giviemme Profumeria alla fondazione della Casa di Profumo nel 1921. Nel 1924 d'Annunzio creò anche per Giviemme il nome del nuovo profumo Giacinto Innamorato.
D'Annunzio si occupa anche dei nomi della linea I Profumi del Carnaro della Casa Lepit: La Fiumanella, La Brezza del Carnaro, La Rosa degli Uscocchi, La liburna, Il Lauro di Laurana, L'ardore del Carso , L'alalà, realizzato lavorando per Fiumana.
Tutte le bottiglie della linea 'Profumi del Carnaro' sono state realizzate dalla Vetreria Artistica Barovier di Murano mentre il design è stato ideato dal grafico dannunziano Adolfo De Carolis (1874-1928).
Oltre alle numerose e uniche bottiglie della collezione del museo, hai anche altri pezzi storici?
Nel museo puoi vedere collezioni di ventagli profumati, scatole per fragranze solide o concrete, oltre a insegne pubblicitarie, prodotti da barbiere e calendari profumati molto spesso disegnati da grandi artisti tra cui il pittore futurista italiano Fortunato Depero (1892-1960).
Come possono le persone visitare il museo?
Il Museo del Profumo & Centro Culturale Studi sulla Profumeria D'epoca organizza percorsi storico artistici, incontri, mostre, convegni, visite guidate su prenotazione, esplorazioni a tema Profumo, corsi di formazione e laboratori.
Il nostro è un museo sull'Arte della Profumeria, rappresentata dalle bottiglie che raccontano la storia e l'evoluzione delle varie società.
Ma il profumo è anche emozione e sentimento. Oltre alla storia, che ne è una base fondamentale, ci sono miti e leggende in cui profumieri, artisti, vetrai e couturier sono i protagonisti. Le loro storie emozionano e coinvolgono il pubblico.
Prima della visita guidata iniziamo raccontando la storia del Profumiere Renato Bianco, con tanto di immagini. Bianco era un trovatello cresciuto nel convento di Santa Maria Novella a Firenze. Divenuto maestro profumiere, portò fragranze in Francia quando, come parte dell'entourage di Caterina de' Medici, la accompagnò nel suo viaggio in Francia per sposare il futuro re...
Ora sono curioso: qual è la storia completa?
Orfano abbandonato, Renato Bianco fu assunto come apprendista nella farmacia di Santa Maria Novella dove imparò a leggere, scrivere e frequentare la biblioteca dei frati. Attraverso i manoscritti di Alberto il Grande, padre della chiesa vissuto nel 1200 e che aveva raccolto le ricette di molti elisir magici, Renato Bianco apprese l'arte della composizione olfattiva. Come ho detto, al seguito di Caterina de' Medici si trasferì in Francia dove divenne noto come René le Florentin. Renato Bianco ha scoperto come guadagnarsi da solo creando profumi, ma anche veleni. Sembra che abbia immerso le mutande in una miscela velenosa che ha preparato, che emanava un profumo molto gradevole, ma strappava la carne di coloro che indossavano l'indumento sul loro corpo. Catherine è sfuggita per caso a questa tortura perché una dama di compagnia indossava segretamente uno dei suoi vestiti per andare a un incarico segreto. La povera ragazza morì soffrendo atrocemente.
Quell'età dell'oro per la profumeria attirò molti profumieri italiani a Parigi, e dopo un paio di generazioni tutti i maggiori profumieri erano francesi.
Partendo da questo aneddoto storico ci avventuriamo poi in mille percorsi della storia della Profumeria, osservandone le creazioni durante la visita guidata.
A quali nuovi progetti stai lavorando?
Abbiamo recentemente scritto un libro intitolato 'Chanel N°5 va in guerra', che può essere acquistato anche su Amazon. Si tratta dell'audace avventura di Gregory Thomas, un coraggioso americano che durante la seconda guerra mondiale garantì la fornitura di Gelsomino di Grasse per la produzione di Chanel n°5 ai fratelli Wertheimer, proprietari di 'Les Parfums de Chanel'. Ha contrabbandato il cemento, emesso da milioni di fiori racchiusi in pani oleosi, da Grasse negli Stati Uniti. Abbiamo romanzato un po' la storia, ma sveliamo numerosi eventi, storicamente attendibili, sconosciuti anche alla maggior parte di coloro che amano questa fragranza.
Tutti i progetti proposti al pubblico dal Museo del Profumo sono annunciati di volta in volta sul nostro sito www.museodelprofumo.it
Dopo l'interessante chiacchierata, Dalla Villa mi guida tra i magnifici oggetti in mostra. Ammiro bottiglie veramente artistiche e tante altre che potrei solo definire "kitsch". Mi colpiscono i tanti riferimenti alla musica: non mancano i flaconi a forma di pianoforti, violini e così via. Una gamma così vasta non può che stupire e ispirare nuova creatività che attinge il meglio dal passato.
Torneremo presto per esplorare questo incantevole mondo.
Silvio Levi
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Il Museo del Profumo propone due visite guidate giornaliere alle 10:00 e alle 15:00 in italiano, francese e inglese.
Il percorso, condotto dal Direttore del Museo Giorgio Dalla Villa, è incentrato sulla Storia della Profumeria dai primi dell'800 agli anni Settanta, e mostra ai visitatori la ricchezza di esemplari affascinanti, raffinati e rari della collezione museale del mondo della profumeria e della la profumeria di quel preciso periodo, con tanto di aneddoti e storie di persone, società e costumi dell'epoca. La visita al museo è un momento molto vivo che mette insieme esperienze culturali e sociali a cui il visitatore può partecipare con entusiasmo. Va oltre il semplice vedere gli oggetti straordinari: è un momento per esplorare e scoprire un universo in cui storia, design e arte incontrano miti e racconti.
Museo del Profumo di Milano,
Via Messina 55, Milano