Ha ancora senso parlare di profumeria di nicchia?

2024 . 11 . 07 | scritto da Silvio Levi

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Negli ultimi anni è nettamente aumentato l’interesse per la profumeria artistica o di nicchia.

Il solo fatto che un buon numero di marchi, pionieri di questo settore, sia stato recentemente acquistato, da grossi investitori o gruppi multinazionali, è uno dei segnali più rilevanti di come sia aumentata la loro conoscenza e penetrazione nei mercati e di quale potenziale questi marchi siano ritenuti in grado di sviluppare.

Visto che opero ormai da oltre 30 anni in questo settore, sono stato testimone di alcuni rilevanti e importanti cambiamenti.

Agli albori di questo settore, che era la Cenerentola della profumeria italiana negli anni ‘50, i proprietari dei marchi spesso non avevano risorse economiche particolari e improntavano quasi esclusivamente la loro creatività sulla qualità e notevole originalità delle fragranze. Il packaging aveva in pochissimi casi stampi per bottiglie uniche ed esclusive o confezioni lussuose, la comunicazione non aveva budget e spesso i marchi non uscivano dal loro contesto nazionale.

Lo sviluppo di un consistente network di negozianti, soprattutto in Italia, permise a poco a poco l’inserimento di questi marchi sconosciuti e “difficili e diversi”, che non avevano un supporto pubblicitario e una domanda già esistente Le vendite si basavano principalmente sulla appassionata capacità dei negozianti a promuovere questi capolavori e che i clienti si rendessero parte diligente nel coinvolgere altri nella scoperta di questo mondo affascinante.

Per decenni si è cercato di fare apprezzare l’enorme differenza che esiste, tra un profumo buono ed un profumo bello, ovvero capace non tanto di mimare un particolare odore di un fiore o di un legno, ma di raccontare una storia, come lo sa fare un brano musicale. Fragranze capaci di portarci altrove, di emozionarci e renderci euforici o tristi, farci volare o farci sentire il calore di uno chalet di montagna, con il camino acceso, e la neve che cade o di correre a perdifiato su una spiaggia d’inverno, con i profumi dei cespugli aromatici sulle dune e l’odore di alghe in lieve decomposizione o ancora l’orgoglio di una madre che si mentre si separa da una figlia che sta per rendersi indipendente nell’affrontare una vita vera, senza la sua continua presenza protettrice.

A poco a poco si è stati in grado di garantire, a molti piccoli marchi sperimentali, una audience appassionata e curiosa.

Molte cose sono cambiate e il mondo è diventato più visual, sono apparsi gli influencers e content creators, i prodotti sono stati resi disponibili on-line.

Si cominciano a veder packaging e soluzioni estetiche che possano appagare le aspettative della clientela di un prodotto che si definisce artistico.

Sempre più persone, grazie anche alla pandemia del Covid, si sono rese conto dell’importanza dell’olfatto e cosa significhi perderlo anche solo temporaneamente e che, mentre si era confinati in casa, ci si poteva profumare per il proprio piacere, e non solo per farsi apprezzare da altri. Il profumo usato non più come maschera, come mezzo per apparire simile al testimonial di turno, ma indossato per le emozioni che sa donarci, per come può rappresentarci per quello che siamo davvero.

A fronte di una domanda in crescita, si assiste, come era facilmente prevedibile, anche all’apparire di sempre più marchi “Frankestein”, ovvero che prendono spunti da altri marchi che si sono conquistati una reputazione e un seguito e ne usano aspetti estetic, ne copiano senza particolari ritegni le creazioni originali, creando anche una certa confusione nel nuovo pubblico.

Tutto importante e che denota un certo sviluppo del settore, ma dobbiamo anche considerare che il pubblico dei social network si sta abituando sempre più ad una comunicazione che propone aspetti di intrattenimento, rispetto al racconto della creazione del profumo e della sua capacità di scatenare emozioni e ricordi.

I negozianti si trovano ora, diversamente dal passato, a sentirsi spesso chiedere dai clienti fragranze dei nicchia di cui sono venute a conoscenza tramite i social, e quindi risulta forse più facile venderle senza sforzi particolari e sembra quasi di tornare a quando si vendevano i profumi in base alle uscite sulle riviste. Le vendite crescono, il pubblico di riferimento si amplia, il business di fa sempre più interessante e si rischia che si perda in originalità e in capacità di accettare il tasso di rischio insito in ogni attività di ricerca, per rifugiarsi nelle calda ali della prevedibilità.

Io però credo che vi siano e vi saranno comunque negozianti che vorranno guidare i clienti in un mondo di progetti interessanti, non sempre promossi sui social, che non seguono sempre le tendenze, ma che anzi potrebbero e vorrebbero anticiparle, spesso di molto. Sostenere queste creatività con passione e coinvolgimento farà in modo che alcuni loro clienti possano trovare il compagno olfattivo ideale, tra una vasta proposta di storie profumate, di possibili candidati a diventare gli smell-tracks della loro vita.

Se il network di negozi di questo tipo si amplia nei paesi del mondo, come sta succedendo da qualche anno, ogni profumo avrà modo di esser indossato da persone che saranno in empatia con esso, ma senza che diventi un profumo indossato da molte altre persone, che nulla hanno a che fare con il suo story-telling. Un mercato internazionale di slow-moving, ma capaci di generare fatturati interessanti, senza mai rendere banale e non caratterizzante il loro messaggio.

Vediamo sempre più negozi monomarca, cosa di per sé non negativa, ma in cui ovviamente non vi sarà l’ampiezza di scelta che un multimarca potrebbe garantire. Vi sarà sempre necessità di punti di vendita che promuovano realmente una conoscenza olfattiva, ovvero che non spingono a decodificare i profumi in base alle materie prime cheli compongono, ma piuttosto in base alla incredibile capacità di emozionare. In questi negozi dovremmo ritrovare il piacere che si aveva in certe librerie di scovare, tra edizioni recenti, come in antichi capolavori, quel libro che mi darà un piacere inatteso e formativo, di cui mi ricorderò per sempre e che diventerà parte della mia vita.

I marchi creativi e sperimentali, sono convinto che avranno comunque ancor più necessità di essere proposti in luoghi di aggregazione e condivisione del messaggio olfattivo, che dovranno a loro volta essere espressione di un cambio netto del modo di fruire la ricerca olfattiva, con una innovazione dei punti vendita, in cui reale e virtuale convivranno sempre più in modo sinergico. Fragranze che si sono guadagnate ottime performance e seguito, faranno da supporto ad altre che manterranno un alto livello di innovatività e coraggio, in un mix che garantisca la ricerca di avere sempre e comunque una sua espressione.

Vedremo, spero a breve, come la ricerca di nuovi modi di fare retail e di promuovere una fruizione della profumeria artistica, sarà capace di essere all’altezza della ricerca che si è finora espressa principalmente nella creatività delle fragranze.